Sul percorso verso casa, verso i giorni nostri, riscontriamo
come in molte novelle europee, russe in particolare, c’è un parallelismo insistente tra l’oca e la fata:
questo ci riporta indietro ai miti celtici, dove la figura di fata-oca
rappresenta l’archetipo di Grande Madre in una immagine che ci porta a un concetto di natura femminile, laddove l’oca era
“messaggera dell’aldilà” e accompagnava i pellegrini al santuario. Interessante
a questo proposito la storia del
cammino di Santiago di Compostela, ex santuario celtico: diverse teorie
attesterebbero che la famosa conchiglia
di San Giacomo in origine altro non era che una raffigurazione di zampa palmata.
Inoltre nelle costruzioni religiose che
si incontrano in questo cammino si ritrovano impresse sulla pietra o sul
cemento proprio delle zampe di oca. Forse un gruppo di iniziati o forse
l’omaggio mariano tramite il simbolo primordiale della Dea Madre. Pensate che
si trovano, casualmente o volontariamente anche nel Santuario di Loreto, che
come saprete ingloba l’antica casa in muratura della Madonna portata dalla
Terra Santa dai Templari. Certo che queste oche le trattiamo proprio male, le
spiumiamo per portare leggeri piumini e riscaldarci d’inverno, le consideriamo
belle ma stupide, gli stupidi siamo noi, l’oca non solo è saggia e autonoma ma
se le fate un torto è meglio che ve la diate a gambe levate. Poi la cosa
terribile del fegato d’oca… ma non potete farne a meno?
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