domenica 10 marzo 2024

CON GLI OCCHI, CON LE MANI, CON IL CUORE (la fotografa, la pittrice, il poeta) di Annamaria Antonelli Paola Tassinari Vito Coviello

 



“Cavallo con orologio molle” di Salvador Dalì…E’ una delle sculture in bronzo (una copia) e si trova nel piazzale della nuova Stazione Centrale di Matera; altre sono nel Centro Storico e nei Sassi. Il cavallo ha un orologio al posto della sella e rappresenta la vita incatenata al tempo e il peso che esso ha nelle nostre azioni. (Fotografia di Annamaria Antonelli)

 Tempus Fuget di Vito Coviello 

Tempus fuget, 
ma vale la pena rincorrerlo? 
Non chiedere perché, ma seguilo soltanto. 
Non domandare del futuro 
e non stare a ricordare il passato, 
ma vivi solo il tuo presente 
per il tempo che ti è stato assegnato, 
serenamente e felicemente, 
con il tuo grande amore.


Lascia che sia di Vito Coviello 

Lascia che sia,
non rincorrere il tuo tempo 
ma lascia che sia 
e seguilo soltanto, 
lascia che sia.

venerdì 1 marzo 2024

CON GLI OCCHI, CON LE MANI, CON IL CUORE (la fotografa, la pittrice, il poeta) di Annamaria Antonelli Paola Tassinari Vito Coviello

Gilles di Paola Tassinari 

“Gilles” è il titolo di questa opera del 2008, acrilico su tela, dimensioni 100X100 cm. Gilles è il pagliaccio, non certo stereotipato, è ognuno di noi che vive con la propria maschera, ha paura di toglierla, quindi piange per la sua codardia, perché sa che così non vivrà la sua vita, ma quella che vogliono gli altri per lui. Avevo ricevuto una commissione per la realizzazione di un ritratto di un pagliaccio, quello “classico”, col volto imbiancato, sorridente e con, sul cucuzzolo del naso, una specie di pomodoro Pachino, naturalmente rifiutai, ma le insistenze furono talmente tante che alla fine giunsi a un compromesso, avrei dipinto un pagliaccio (uno dei temi che non mi piace in 102 assoluto) ma a modo mio, il risultato alla fine non piacque al committente, non piacque a nessuno, neanche a mia madre e il quadro lo appesi a casa mia, dopo qualche anno, lo volevano tutti, mia madre, gli amici e gli ospiti che arrivavano a farmi visita, persino il mio medico, offrendomi buone cifre, ma a quel punto mi ero affezionata a Gilles e nonostante le insistenze è ancora sulla parete del salotto di casa mia. Il dipinto ha uno sfondo informale lavorato con gesti veloci in tonalità di rosso scuro. Il simbolo del colore rosso, come tutti i simboli, ha valenze sia positive che negative, qui essendo scuro, mescolato col nero esprime il lato oscuro, il pericolo per chi tenta di conoscere il futuro, perché in questo caso il pagliaccio/Gilles che occupa quasi tutto lo spazio della tela, appare come una profetessa o come una 103 Cassandra. Gilles, infatti, è un volto di donna, imbiancato e solcato da segni scuri, gli occhi cupi con lacrime di sangue di colore nero, questo colore rappresenta la negazione, la capitolazione e la resa, Cassandra piange e soffre perché non è ascoltata nelle sue profezie. A che serve la profezia se non è ascoltata? Ecco allora che Gilles/Cassandra ha i capelli di paglia giallo/verde, l’allegria del giallo si sporca, diviene disagio e acredine, Gilles/Cassandra si interroga… perché devo scrutare il futuro, con grave pericolo per la mia salute mentale e spirituale e poi non mi ascoltano, ma mi dicono che sono pazza? Cassandra nella mitologia greca, è figlia del re di Troia, Omero la chiama “la più bella tra le figlie di Priamo e di Ecuba”, fu sacerdotessa nel tempio di Apollo da cui ebbe la facoltà della 104 preveggenza, prevedeva terribili sventure ed era pertanto invisa a molti; predisse la guerra di Troia, mise in guardia i Troiani sul Cavallo di legno (ideato da Ulisse), ma non fu ascoltata, la sua ultima profezia riguardò la sua stessa sorte, quando, catturata come schiava di guerra dal re di Micene Agamennone, predisse la morte di lui e la propria per mano di Clitennestra, quest’ultima era la moglie di Agamennone che si vendicò in quanto non riuscì mai a perdonare al marito la morte di Ifigenia, la loro figlia sacrificata per volere di Artemide, affinché i Greci potessero salpare per Troia. Gilles/Cassandra sorregge il volto con due mani piegate formando la lettera “M” che riporta a Maria, alla Madonna, infatti, si intravede anche un po’ blu, colore che oltre a Maria evoca l’esperienza del bello, la 105 meditazione, la quiete, la moderazione e il controllo. Gilles/Cassandra scruta il futuro non come una cartomante, ma per ascoltare il divino e aiutare l’umanità. Perché la mia opera è intitolata Gilles, se alla fine risulta essere una Cassandra? Antoine Watteau Valenciennes (1684-1721) è stato un pittore francese rococò. Il Rococò è un nuovo stile nato in Francia alla fine del Seicento e diffusosi poi in tutta Europa. Si affermò sotto Luigi XV e si sviluppò sino alla metà del XVIII secolo quando subentrò il Neoclassicismo. Questo stile interessò anche la musica e la pittura, ma si realizzò soprattutto nell’architettura degli interni e nelle arti applicate cioè arazzi, mobili, porcellane, stucchi, destinati a ornare i salotti aristocratici. È un’arte che proviene dal Barocco, ma molto più leggera, con forme 106 curve e sinuose, con soggetti, graziosi ed eleganti, stile che non amo particolarmente ma Watteau è diverso, dipinge rococò perché quella è la società di allora ma ne è disturbato, non la avvalla. Watteau nel 1718/19 dipinge “Gilles” (conosciuto anche come Pierrot detto Gilles) custodito al museo del Louvre di Parigi, questo Gilles/Pierrot è raffigurato da Watteau grande, grosso e infiocchettato, ma dal volto fortemente malinconico, con uno sguardo triste e perso come se dicesse… sono qua cosa devo fare? Quello di Watteau è un mondo artefatto, gli anni in cui visse sono un po’ come i nostri anni odierni, in cui tutto è falsità, tutto è teatro, dove noi siamo marionette, coi fili esterni mossi dalle mode volute dal mercato, ma anche tenuti prigionieri da misteriosi e inflessibili legacci interni. Sotto l’apparente 107 frivolezza di Watteau si cela un sentimento di malinconia che riflette la consapevolezza della fugacità dei piaceri terreni. Questa intensità poetica pervade le sue opere di un vago senso di finito ed infinito. Watteau era noto per il suo temperamento irritabile e irrequieto. Morì prematuramente di tubercolosi; si è ipotizzato che l’umore malinconico dei suoi quadri fosse connesso all’ossessivo pensiero della morte. Egli usava materiale scadente, di poco conto, perciò molte sue opere sono in condizioni precarie, in lui c’era già quel raccogliere il gettato, il riutilizzare lo scarto che può far pensare ad una stessa matrice insita anche nell’Arte Povera, movimento artistico italiano degli anni Sessanta in cui serpeggia la stanchezza della stanchezza morale, da me molto amato. Ho scritto un romanzo ispirato a questo dipinto 108 il cui titolo è “I viaggi di Gilles”, un racconto dove antico e moderno si incontrano, è la storia della ricerca del Graal in terra di Romagna… un nuovo ritorno al Divino.
 

martedì 20 febbraio 2024

CON GLI OCCHI, CON LE MANI, CON IL CUORE (la fotografa, la pittrice, il poeta) di Annamaria Antonelli Paola Tassinari Vito Coviello


 Due diverse farfalle… (Fotografie di Annamaria Antonelli)

Come farfalla di Vito Coviello 

Come farfalla vorresti volar via 

dalla solitudine della tua prigione ma, 

fra te e il cielo, c’è un muro invisibile, 

un vetro sul quale continui ad impattare

 i tuoi ricordi ma, aspetta, 

arriverà chi aprirà quella finestra 

e volerà insieme, felice, incurante della gente. 


E’ bello con te di Vito Coviello 

E’ bello con te fare un tratto di quel sentiero 

impervio, pieno di ciottoli 

appuntiti che è la vita. 

E’ bello con te attraversare quel sentiero

 dell’anima che porta al cuore. 

Il nostro amore.


Il ponte tibetano sul torrente Gravina che collega il Sasso Caveoso al Belvedere della Murgia materna. (Fotografia di Annamaria Antonelli)

sabato 10 febbraio 2024

CON GLI OCCHI, CON LE MANI, CON IL CUORE (la fotografa, la pittrice, il poeta) di Annamaria Antonelli Paola Tassinari Vito Coviello

 


Ginestre di Paola Tassinari 

“Ginestre” è il titolo di questo acrilico su tela, dimensioni 60X50 cm del 2005. In questi anni continuo a dipingere con una sintesi di stili diversi: Surrealismo/Informale/Simbolismo, se dei primi due movimenti ho già scritto, del Simbolismo non ho ancora detto nulla. Il Simbolismo è un movimento artistico e culturale che si sviluppa in Francia nella seconda metà dell’Ottocento coinvolgendo arti figurative, poesia e musica, nasce in contrapposizione al Realismo, con l’obiettivo di penetrare al di là delle apparenze dell’evidente. Per i simbolisti la realtà non sta in ciò che si vede con gli occhi, ma in ciò che si percepisce con l’anima, in questo sono 94 quindi affini al Surrealismo come lo sono per i temi legati alla religione, al sogno, al non visibile, concetti ormai cancellati e sepolti dalla ragione che impone l’oggettività della scienza, anche se ultimamente il “dio” della scienza sembra essere messo in discussione. Il Simbolismo è simile all’Informale, nonostante la non figurazione di quest’ultimo, per il fatto che entrambi si affidano al caso, entrambi sono pessimisti ma, mentre il Simbolismo si volta indietro verso un’ipotetica età dell’oro, l’Informale azzera tutto, ma da questo zero si potrà ben ricominciare, arrivati al fondo si potrà ben risalire e a cosa aggrapparsi se non alla tradizione? Il legame tra la letteratura e le opere d’arte simboliste è molto stretto, saranno, infatti le emozioni evocate dai racconti di Edgar Allan Poe o dalle poesie dei “poeti maledetti” Baudelaire, 95 Rimbaud, Verlaine e Mallarmé a fornire spunto di ispirazione per le opere dei pittori del Simbolismo. In Italia, gli echi del Simbolismo arrivano con qualche decennio di ritardo, accolti principalmente da tre autori molto diversi tra loro: Giovanni Pascoli (1855-1912), Gabriele D’Annunzio (1863- 1938) e Dino Campana (1885-1932) ed è proprio attraverso la poesia del Pascoli che riesco a mitigare il forte pessimismo leopardiano. Perché questa mia opera, è ispirata a una poesia di Giacomo Leopardi ed è soffusa di intenso blu, come un grande mare dove nuotare sereni, con qualche sprazzo di denso marrone, che vuol dare la contrastante durezza della terra, che quando la stringi nel pugno ti scivola via tra le dita, lasciandoti le mani sporche, in questo contrasto tra il divino del cielo e la sostanza 96 selvaggia della terra, appare un’onda inarrestabile di giallo pieno di sole, di caldo e di vivacità: sono le ginestre e sono il mio ricordo dell’impatto visivo dal finestrino dell’auto, vagando sull’Appennino romagnolo, in giugno, quando le nuvole gialle delle ginestre accecano, allora il ricordo va al Leopardi, che pessimista come pochi trova ristoro nel fiore e lo paragona all’uomo. Leopardi si rivolge con rispetto e ammirazione alla gentile ginestra, che consapevole di non essere immortale, accetta e vive comunque piena di bellezza e di profumo intenso nei deserti e nelle asperità sassose. In questa mia opera il blu simboleggia il divino, la nostra probabile (o improbabile) immortalità, il giallo è la vita, il bruno rossiccio è la terra… Dio per fare l’uomo lo impastò con la terra. 

Qui su l’arida schiena 

del formidabil monte

 sterminator Vesevo, 

la qual null’altro allegra arbor né fiore, 

tuoi cespi solitari intorno spargi,

 odorata ginestra, 

contenta dei deserti (La ginestra-Giacomo Leopardi- vv. 111-135)

giovedì 1 febbraio 2024

CON GLI OCCHI, CON LE MANI, CON IL CUORE (la fotografa, la pittrice, il poeta) di Annamaria Antonelli Paola Tassinari Vito Coviello


 “Una rosa rossa” (Fotografia di Annamaria Antonelli)

Ti regalerò una rosa di Vito Coviello 

Ti regalerò una rosa 

per dirti che ti amo ancora

 come il primo giorno, 

quando te le portavo a scuola ogni mattino 

rubandole in un giardino sotto casa. 

Ti regalerò una rosa 

per dirti grazie per l’amore che mi hai dato

 e ancora mi dai,

 per quello che sono e, nonostante, 

quello che sono. 

Ti regalerò una rosa 

ma, questa volta, vi toglierò tutte le spine 

perché la vita non abbia più a ferirti. 

Ti regalerò una rosa in ginocchio 

per dichiararti, ancora una volta, 

il mio amore per te.

“Una viola di campo” (Fotografia di Annamaria Antonelli)

Viola di campo di Vito Coviello

Viola di campo, fiore profumato, 

tu aspetti ancor colui che non ritorna.

Viola di campo, fiore più bello del prato, 

il sogno più bello è quello 

che ancor non hai sognato. 

Viola di campo, fiore vellutato, 

l’amor più bello è quello 

che ancor non hai amato. 

Viola di campo, fiore dall’amor colorato,  

sarà chi dall’aria, 

ascolta i suoi sospiri e gioirà del tuo profumo 

che coglierà il tuo fiore e ti darà amore 

e sarete innamorati e felici 

ed insieme per sempre.


(Collage fotografico di Annamaria Antonelli)

Il cielo e il mare di Annamaria Antonelli 
Seduti in riva al mare 
lasciamo andare i pensieri, 
basta sdraiarsi sulla sabbia 
e quei pensieri prendono il volo! 
Il mare calma la mente, 
il cielo la libera. 
Il mare, in qualche modo, ha un inizio: 
“la spiaggia” e a piccole o grandi distanze 
troverà un’altra “terra”. 
Il cielo è immenso, senza confini. 
C’è chi si sente a suo agio nell’acqua ma, 
per respirare deve sempre tornare in superficie. 
Se ci pensate, tutto è rivolto verso l’alto, 
verso il cielo, 
per me rappresenta la LIBERTA’, 
forse è per questo che si desidera VOLARE. 
Sulla Terra o vicino al Mare c’è la Realtà, 
nel Cielo ci sono i Sogni.


sabato 20 gennaio 2024

CON GLI OCCHI, CON LE MANI, CON IL CUORE (la fotografa, la pittrice, il poeta) di Annamaria Antonelli Paola Tassinari Vito Coviello



Pratoline di Paola Tassinari 

“Pratoline” è il titolo di questo acrilico su tela, dimensioni 80X50 cm, del 2003 e vuole rappresentare ciò che rimane nella mente di una giornata di marzo, ventosa e fredda, quando è ancora inverno ma spira lo Zefiro il vento ponentino, che riporta alla vita e muove le incredibili nuvole di pratoline sussurrandoci che sta per arrivare la primavera, annunciando lo spuntare delle gemme, promettendo anche a noi una rinascita, basta volerlo, ma volerlo davvero ascoltando la voce del vento… “Ci fu un vento impetuoso e gagliardo da spaccare i monti e spezzare le rocce davanti al Signore, ma il Signore non era nel vento. Dopo il vento, un terremoto, ma il Signore non era nel terremoto. Dopo il 82 terremoto, un fuoco, ma il Signore non era nel fuoco. Dopo il fuoco, il sussurro di una brezza leggera. Come l'udì, Elia si coprì il volto con il mantello, uscì e si fermò all'ingresso della caverna”. (1Re 19,9.11-16) La tela è soffusa di varie tonalità di verde, da quello scuro e fresco come l’odore della menta, a quello chiaro e tenero come i fili d’erba a quello giallastro un po’ sbiadito, un po’ titubante ma anche allegro e fiducioso. Il gesto è veloce, l’impasto dei colori è grossolano ed inciso da segni scattanti, in verticale e in diagonale volendo dare l’idea del vento che soffia. In questo sfondo di erbe e di vento galleggiano nuvole informi di pratoline, come secchiate di bianco, certo un ricordo di un pittore che ho molto amato: William Turner (Londra 1775/1851). All’inizio della sua carriera artistica Turner 83 divenne famoso per i suoi acquerelli, che lo accompagnarono per tutta la sua vita. Era particolarmente bravo nella scelta dei colori che evocavano le diverse atmosfere di un paesaggio, nessuno come lui riusciva a rappresentare le forze della natura, tempeste, alluvioni o piogge torrenziali, a volte per raffigurarle si faceva legare all’albero maestro dei velieri e rimaneva sulla tolda incurante della tormenta. Era molto stimato dai colleghi, ma fu criticato e accusato di tirare il bianco a secchiate sui suoi lavori. Turner è considerato facente parte del Romanticismo, movimento da me molto amato in ambito letterario e musicale meno nell’arte visiva, lo considero un precursore dei tempi, antesignano dell’Informale. L’arte informale è una corrente artistico-pittorica della fine degli anni Quaranta, nata a 84 seguito delle enormi devastazioni e sofferenze portate dalla seconda guerra mondiale, quando ormai nemmeno gli artisti hanno più certezze e rifiutano la forma e qualsiasi messaggio, limitandosi a intervenire sulla materia, il colore non è più importante, mentre basilare è capire come stendere il colore. Amo tantissimo quest’arte informale, ma non riesco a farla mia completamente perché la speranza e il messaggio non sono morti dentro di me e qualcosa dalla massa informale sbuca dal mio dipinto: fra le nuvole bianche delle pratoline e quelle verdi delle erbe, appaiono nettamente disegnate alcune forme delicate dei piccoli fiori di campo… le pratoline. Questo piccolo fiore spontaneo il cui nome scientifico è Bellis Perennis, letteralmente significa “guerra perenne”, è un po’ il simbolo della vita sempre 85 piena di inciampi o problemi ma la pratolina, le guerre le supera, infatti è spesso calpestata ma si rialza sempre, malgrado le avversità si tira su e dopo il passo devastante delle noncuranti scarpe è là in piedi con le sue corolle per essere sfogliata nel m’ama o non m’ama, o per formare una coroncina per piccole principesse e all’imbrunire richiude umile i suoi petali a ricordo dell’emozione provata dal tocco della veste della Madonna, mentre fuggiva dall’Egitto, così racconta la leggenda.