domenica 28 dicembre 2014

LEI SUONA IL PIANO

 


Acrilico su tela, dimensioni 60cmX40cm, il titolo è “Lei suona il flauto”, è il meno riuscito però è il mio preferito per un motivo che ora vi dirò. Il mio sogno era suonare il pianoforte ma per mancanza di tempo e di denaro è rimasto un sogno nel cassetto, ho quasi obbligato mio figlio ad imparare a leggere e suonare la musica, con ricatti, con paghette, sentendomi in colpa, ma oggi che è grande mi ringrazia. Sapete cosa è successo? Con internet ho imparato a leggere la musica e a suonare il flauto, se volete potete farlo anche voi andate su google e digitate:“gremus leggere la musica”, il professore oltre a fornirvi di materiale vi risponde per mail anche alle vostre domande. GRANDE GREMUS, ma torniamo al dipinto che oltre a ricordare il mio successo con la musica ha una costruzione particolare. Il modello di base è una statua greca di cui mi piaceva assai come girava il volto, da lì ho iniziato aggiungendovi il flauto rosso, chiaro segno erotico allusivo, e le mani  (eseguite male) che sorreggono il flauto. Ho cercato di alludere al suono universale, alla musica dell’aria, del crescere delle piante, dei pianeti e delle stelle, la musica come trait d’union con il tutto. Ne è venuta fuori un’impressione volutamente erotica, chiaroscuri accentuati, elementi simbolici come il flauto rosso e il cesto di frutta, la dolcezza dell’amore, la malinconia della fine dell’amore. Comunque sappiate che se inizialmente credevo che fosse ostico leggere le note, mi è invece facile farlo e solfeggiare, ho decifrato un nuovo linguaggio, sono orgogliosa di me stessa ed ho già fatto “cassetta” per comprarmi una pianola.   




sabato 20 dicembre 2014

CERCAR MARIA PER RAVENNA


9 puntata

Ma che rapporto c'è tra la favolosa vecchia che porta i doni e la festa cristiana dell'Epifania?

A occhio e croce nessuno. E i Magi che rapporto hanno con la Befana?
Vediamo un po' di trovarlo.

Chi erano i magi?
Erano nobili pellegrini o re provenienti dall'Oriente, che studiavano le stelle. Seguirono una cometa che avevano associato alla nascita del "re dei Giudei".
Giunti a Gerusalemme chiesero a Erode di aiutarli a trovare il bambino predestinato a essere re dei giudei. Erode sostenne di non sapere dove fosse, ma chiese loro di tornare se l'avessero trovato. Avvertiti in sogno del pericolo, i tre non tornarono mai più da Erode.
Secondo un vangelo apocrifo i loro nomi erano Gaspare, Melchiorre e Baldassarre e fu Papa Leone Magno che ne fissò il numero a tre.Ma potrebbero essere quattro o anche più , non lo specifica nè il vangelo di Matteo , nè i vangeli apocrifi.
Il numero tre permette di identificare i Magi con le tre razze in cui si divide l'umanità e che discendono, secondo l'Antico Testamento, dai figli di Noè.
Gaspare, mistico re dell'Armenia, lasciò l'intero potere a suo fratello Ntikran per andare a cercare Gesù. Era probabilmente un seguace di Zoroastro. Era un giovanotto rude, discendente di Cam, uno dei figli di Noè.
Baldassarre, re arabo del deserto, era giovane e di carnagione scura, e discendeva da Jafet, un altro figlio di Noè.
Melchiorre era in realtà il soprannome del maharaja indiano Ram, che pure lasciò il potere a suo fratello per partire verso Gerusalemme insieme al saggio Tsekinata suo amico.
Il soprannome gli deriva dalla frase che pronuncio' inchinandosi davanti a Gesù bambino: 'Cham el chior' (ho visto Dio). Era anziano, con i capelli bianchi e la barba lunga e discendeva da Sem, figlio di Noè.

I Magi portarono a Gesù Bambino tre doni che simboleggiano la sua duplice natura di essere umano e di figlio di Dio: l'oro, il dono riservato ai re, l'incenso, usato per adorare l'altare di Dio, e la mirra, il balsamo per i defunti.

Ancora oggi il culto del magi non è dimenticato, la leggenda narra che i resti mortali dei Re Magi furono recuperati in India da Sant'Elena e poi portati a Costantinopoli.

Nel 1034 pare che queste reliquie fossero trasportate a Milano in un'arca e depositate nella chiesa di Sant'Eustorgio, ricca di simbolismi legati ai tre re e ancora oggi luogo di pellegrinaggio.I teschi dei Re Magi, con le corone d'oro ingioiellate, sono tuttora tra le reliquie della cattedrale di Colonia.

lunedì 15 dicembre 2014

CERCAR MARIA PER RAVENNA


8 puntata


Allora la Befana è rappresentata come vecchia perchè rappresenta il vecchio che muore per lasciare spazio al nuovo nato e porta i dolci perchè vuole bene al nuovo nato ed anche un po' di carbone perchè un po' d' amaro serve per accendere la vita e non lasciarla infruttuosa. E perchè ha la scopa?
Per spazzare via i guai, no, la Befana era bella un tempo, era Diana la dea libera, ed al posto della scopa , aveva il vischio che è detto anche "scopa di fuoco".
Non ci credete?
Leggete un po'.
Il vischio era considerato sacro, si credeva che le sue bacche biancastre rappresentassero lo sperma maschile.Era molto importante per i Gallo-Celti. Le consuetudini sull'uso del vischio come elemento apportatore di buona sorte derivano in effetti in buona parte dalle antiche tradizioni celtiche, costumi di una popolazione che considerava questa pianta come magica (perché, pur senza radici, riusciva a vivere su un'altra specie) e sacra. Lo poteva raccogliere infatti solo il sommo sacerdote, con l'aiuto di un falcetto d'oro. Gli altri sacerdoti, coperti da candide vesti, lo deponevano (dopo averlo recuperato al volo su una pezza di lino immacolato) in una catinella (pure d'oro) riempita d'acqua e lo mostravano al popolo per la venerazione di rito. E per guarire (per i Celti il vischio era "colui che guarisce tutto; il simbolo della vita che trionfa sul torpore invernale) distribuivano l'acqua che lo aveva bagnato ai malati o a chi, comunque, dalle malattie voleva essere preservato. I Celti consideravano il vischio una pianta donata dalle divinità e ritenevano che questo arboscello fosse nato dove era caduta la folgore, simbolo della discesa della divinità sulla terra. Plinio il Vecchio riferisce che il vischio venerato dai Celti era quello che cresceva sulla quercia, considerato l'albero del dio dei cieli e della folgore perché su di esso cadevano spesso i fulmini. Si credeva che la pianticella cadesse dal cielo insieme ai lampi. Questa congettura - scrive il Frazer nel suo "Ramo d'oro" - è confermata dal nome di "scopa del fulmine" che viene dato al vischio nel cantone svizzero di Argau. "Perché questo epiteto - continua il Frazer - implica chiaramente la stessa connessione tra il parassita e il fulmine; anzi la scopa del fulmine è un nome comune in Germania per ogni escrescenza cespugliosa o a guisa di nido che cresca su un ramo perché gli ignoranti credono realmente che questi organismi parassitici siano un prodotto del fulmine". Tagliando dunque il vischio con i mistici riti ci si procura tutte le proprietà magiche del fulmine.

mercoledì 10 dicembre 2014

SBISCIOLAMENTO





Tecnica mista su carta, dimensioni 30cm X 20cm, questo “acquerello” mi piace molto anche se tecnicamente può non sembrarlo, ma era il caso che doveva muovere la mia mano, ho cercato di tenere spento il cervello mentre lo eseguivo, per fare in modo che la mia anima potesse uscire da quel controllore inflessibile che è il mio Io o super Io. Il risultato mi è stato assai gradito, sì ci sono le linee nere contorte e sbavate, sono gli incontri con le anime nere che mi hanno tolto colore lasciandomi una scia scura, ma la mia anima è colorata, c’è giallo ( vivacità), azzurro (profondità), verde (rinascita, speranza), rosso vivo (la vita) e rosso scuro (la morte)… tutto è in me.   Sbisciolamento inteso come le vie di fuga, o il caso/caos, che si incontrano nella vita, belle occasioni o treni persi. Il termine sbisciolamento l’ho mutuato da un amico del blog:”Soffio”, lo  psicologo, terapeuta dal blog interessante e assai seguito, anche se ultimamente si è dato alla latitanza, il lavoro del blogger è duro se non si ha la passione si cede.  Soffio è un modenese dedito alla buona cucina, non sa resistere allo gnocco fritto, ma il “capo” in assoluto è la deliziosa moglie che tiene a freno i suoi “sbisciolamenti” con guanto di velluto e mano di ferro.

giovedì 4 dicembre 2014

CERCAR MARIA PER RAVENNA



7 puntata

L'origine della Befana è nel mondo agricolo e pastorale. Anticamente, infatti, la dodicesima notte dopo il solstizio invernale, si celebrava la morte e la rinascita della natura, attraverso la figura di Madre Natura. In questa notte Madre Natura, stanca per aver donato tutte le sue energie durante l'anno, appariva sotto forma di una vecchia e benevola strega, che volava per i cieli con una scopa. Oramai secca, Madre Natura era pronta ad essere bruciata come un ramo, per far sì che potesse rinascere dalle ceneri come giovinetta Natura, una luna nuova. Per meglio capire questa figura dobbiamo andare fino al periodo dell'antica Roma. Già gli antichi Romani celebravano l'inizio d'anno con feste in onore al dio Giano (e di qui il nome Januarius al primo mese dell'anno) e alla dea Strenia (e di qui la parola strenna come sinonimo di regalo)con doni ed auguri.. Questa tradizione di doni e auguri si radicò così profondamente nella gente, che la Chiesa dovette tollerarla e adattarla alla sua dottrina. In molte regioni italiane per l'Epifania si preparano torte a base di miele, proprio come facevano gli antichi Romani con la loro focaccia votiva dedicata a Giano nei primi giorni dell'anno. Usanza antichissima e caratteristica è l'accensione del ceppo, grosso tronco che dovrà bruciare per dodici notti. E' una tradizione risalente a forme di culto pagano di origine nordica: essa sopravvive l'antico rito del fuoco del solstizio d'inverno, con il quale si invocavano la luce e il calore del sole, e si propiziava la fertilità dei campi. E non è un caso se il carbone che rimane dopo la lenta combustione, che verrà utilizzato l'anno successivo per accendere il nuovo fuoco, è proprio tra i doni che la Befana distribuisce (trasformato chissà perchè in un simbolo punitivo). La tradizione è ancora conservata in alcune regioni d'Italia, con diverse varianti: a Genova viene acceso in alcune piazze, e l'usanza vuole che tutti vadano a prendere un tizzone di brace per il loro camino; in Puglia il ceppo viene circondato da 12 pezzi di legno diversi. In molte famiglie, il ceppo, acceso la sera la sera della Vigilia, deve ardere per tutta la notte, e al mattino le ceneri vengono sparse sui campi per garantirsi buoni raccolti. In epoca medioevale si dà molta importanza al periodo compreso tra il Natale e il 6 gennaio, un periodo di dodici notti dove la notte dell'Epifania è anche chiamata la "Dodicesima notte". È un periodo molto delicato e critico per il calendario popolare, è il periodo che viene subito dopo la seminagione; è un periodo, quindi, pieno di speranze e di aspettative per il raccolto futuro, da cui dipende la sopravvivenza nel nuovo anno. In quelle dodici notti il popolo contadino credeva di vedere volare sopra i campi appena seminati Diana con un gruppo più o meno numeroso di donne, per rendere appunto fertili le campagne. Nell'antica Roma Diana era non solo la dea della luna, ma anche la dea della fertilità e nelle credenze popolari del Medioevo Diana, nonostante la cristianizzazione, continuava ad essere venerata come tale. All'inizio Diana e queste figure femminili non avevano nulla di maligno, ma la Chiesa cristiana le condannò in quanto pagane e per rendere più credibile e più temuta questa condanna le dichiarò figlie di Satana! Diana, da buona dea della fecondità diventa così una divinità infernale, che con le sue cavalcate notturne alla testa delle anime di molte donne stimola la fantasia dei popoli contadini. Di qui nascono i racconti di vere e proprie streghe, dei loro voli e convegni a cavallo tra il vecchio e il nuovo anno. Nasce anche da qui la tradizione diffusa in tutta Europa che il tempo tra Natale ed Epifania sia da ritenersi propizio alle streghe. E così presso i tedeschi del nord Diana diventa Frau Holle mentre nella Germania del sud, diventa Frau Berchta. Entrambe queste "Signore" portano in sé il bene e il male: sono gentili, benevole, sono le dee della vegetazione e della fertilità, le protettrici delle filatrici, ma nello stesso tempo si dimostrano cattive e spietate contro chi fa del male o è prepotente e violento. Si spostano volando o su una scopa o su un carro, seguite dalle "signore della notte", le maghe e le streghe e le anime dei non battezzati. Strenia, Diana, Holle, Berchta,... da tutto questo complesso stregonesco, ecco che finalmente prende il volo sulla sua scopa una strega di buon cuore: la Befana. Valicate le Alpi, la Diana-Berchta presso gli italiani muta il suo nome e diventa la benefica Vecchia del 6 gennaio, la Befana, rappresentata come una strega a cavallo della scopa, che, volando nella dodicesima notte, lascia ai bambini dolci o carbone. Come Frau Holle e Frau Berchta, la Befana è spesso raffigurata con la rocca in mano e come loro protegge e aiuta le filatrici. Nella Befana si fondono tutti gli elementi della vecchia tradizione: la generosità della dea Strenia e lo spirito delle feste dell'antica Roma; i concetti di fertilità e fecondità della mite Diana; il truce aspetto esteriore avuto in eredità da certe streghe da tregenda; una punta di crudeltà ereditata da Frau Berchta. Ancora oggi un po' ovunque per l'Italia si eseguono diversi riti purificatori simili a quelli del Carnevale, in cui si scaccia il maligno dai campi grazie a pentoloni che fanno gran chiasso: il 6 gennaio si accendono i falò, e, come una vera strega, anche la Befana viene qualche volta bruciata… Nella Befana rivivono, quindi, simbolicamente culti pagani, antiche consuetudini, tradizioni magiche. Forse qualcosa in più di quello che superficialmente appare…
La Festa della Dodicesima Notte ispirò tra gli altri William Shakespeare che scrisse la omonima commedia che ebbe la prima rappresentazione il 6 Gennaio del 1601 al Globe Theatre di Londra.
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