sabato 28 febbraio 2009

OMAGGIO A PRATELLA FUTURISTA ROMAGNOLO

L'associazione culturale Polvere di Stelle oggi 28/02/2009 rende omaggio a Francesco Balilla Pratella con una conferenza, la presentazione di un libro e un concerto al teatro Alighieri. L'associazione ha nei suoi progetti un omaggio a Pratella che duri nel tempo e abbia cadenza biennale. Nel panorama di Ravenna spicca la figura di Francesco Balilla Pratella ideatore del Manifesto Futurista della Musica. Pratella fu direttore dell'istituto musicale Verdi dal 1927 al 1945 ( per questo fu messo nel dimenticatoio, perchè lavorò anche nel periodo fascisa e musicò una canzone per il duce) e fu grande il lavoro da lui compiuto nel campo dell'etnofonia e dello studio delle tradizioni popolari. Di Francesco Balilla Pratella rimangono molti inediti: partiture musicali, studi sulla cultura romagnola, saggi su diversi argomenti, appunti e curiosità varie.

giovedì 26 febbraio 2009

COMMENTO DI GAETANO BARBELLA IL GEOMETRA PENSIERO IN RETE

COMMENTO DI GAETANO BARBELLA

L'ASINO NEL POZZO

Il dilemma sull'asino porta a raccontare una storiella sull'asino riportata tempo fa da molti blogger per imbastire motivi di dialogo che è questo:

«Un giorno l'asino di un contadino cadde in un pozzo. Non si era fatto male, ma non poteva più uscirne. L'asino continuò a ragliare sonoramente per ore, mentre il proprietario pensava al da farsi. Finalmente il contadino prese una decisione crudele: concluse che l'asino era ormai molto vecchio e che non serviva più a nulla, che il pozzo era ormai secco e che in qualche modo bisognava chiuderlo. Non valeva pertanto la pena di sforzarsi per tirare fuori l'animale dal pozzo. Al contrario chiamò i suoi vicini perché lo aiutassero a seppellire vivo l'asino.Ognuno di loro prese un badile e cominciò a buttare palate di terra dentro al pozzo. L'asino non tardò a rendersi conto di quello che stavano facendo con lui e pianse disperatamente. Poi, con gran sorpresa di tutti, dopo un certo numero di palate di terra, l'asino rimase quieto. Il contadino alla fine guardò verso il fondo del pozzo e rimase sorpreso da quello che vide. Ad ogni palata di terra che gli cadeva addosso, l'asino se ne liberava, scrollandosela dalla groppa, facendola cadere e salendoci sopra. In questo modo, in poco tempo, tutti videro come l'asino riuscì ad arrivare fino all'imboccatura del pozzo, oltrepassare il bordo e uscirne trottando».

Ed ecco un mio primo commento misticheggiante:

Questa storiella sull'asino, come altre del genere che lo dipingono d'oro, è un invito a commenti di ordine non tanto condivisi in quest'epoca materialistica delle grandi libertà. L'asino è l'uomo che merita di trovare collocazione su un piano nobile per la sua valenza intellettiva abbastanza diffusa. Ma resta l'amore altruistico da esprimere che vacilla. Persino per Gesù Cristo, accolto festante a Gerusalemme ma conscio del sacrificio cui andava incontro, ci fu bisogno del "somaro" da cavalcare con mestizia e sottomissione, poiché questo doveva costituire l'anteprima del suo mandato di conversione spirituale. E se promise di restituire il "somaro" "dopo", di certo intendeva alla fine del suo mandato di luce per gli uomini a cominciare dai suoi apostoli. Oggi forse questo si compie, come del resto è profetizzato nel Vangelo di Giovanni. Dunque tocca all'uomo far uso dello stesso genere di "somaro" cavalcato da Gesù Cristo, perché si moderino in lui gli istinti bellicosi e smodati».

Però è interessante quest'altra mia versione sull'asino nel pozzo, state a sentire:

L'asino è la bestia in noi che, al suo limite è in fondo la materia inanimata, ma non lo è per virtù di un provvidenziale dinamismo: l'amore in tanti svariati modi peculiari. Ecco per l'asino, il modo meraviglioso di costituirsi quale "macchina vivente". La testa del suo di sopra (del «pozzo»: l'abisso apocalittico) che decide ogni cosa (il contadino) e il corpo del di sotto (l'asino, la "macchina"). E se si scomoda il sommo Poeta Dante ci farà capire che, prima d'altro, il pozzo è il «pertugio» da superare ma in salita, però impropriamente. Perché impropriamente? L'uomo, per quanto si evolva, resta sempre nel buio in relazione al mistero della vita e prevalendo in lui il misticismo, il surrogato per accettare questa condizione, finisce per credere che la "terra" che piove su di lui (quella del racconto dell'asino) sia la provvidenza divina per ascendere a lui (Adamo ed Eva non furono fatti in questo modo?). Ma la provvidenza divina, per modo di dire, è anche quella del sistema in cui viviamo che ci sovrasta in tanti modi. Dante, alla fine della sua opera, che vuol essere «divina» ma che è anche una «commedia», ci addita finalmente «l'amor che move 'l sole e l'altre stelle». Astri metafisici o ancora quelli dei nostri giorni diurni e notturni? Verrebbe da dire: astri da commedia? Buoni o cattivi che siano questi, fatto sta che si finisce, giorno dopo giorno, per essere rimandati in continuazione «Nel mezzo del cammin di nostra vita». Il nostro io è come quel contadino che è capace anche di decidere ai danni di sé stesso, nel suo asino finito nel pozzo. Non è così che tanti decidono di farla finita al punto di ricorrere al limite al suicidio? L'epilogo del racconto in discussione porta alla consapevolezza di una certa emersioni in noi del nostro "asino" che a questo punto può anche meravigliare perché è «parlante», ovvero è istruito. Infatti vediamo le moderne generazioni sono di gran lunga evolute rispetto al passato in fatto di capacità intellettiva, per esempio. Non senza certi rovesci da far arrossire se non vergognare o al contrario inorridire: è «l'asino» e nessuno se ne dolga perché è in lui «L'alto fattore» della «Città dolente», ci direbbe per concludere l'amico Dante con la sua Commedia. Era scritto, ma non si capiva: «Dopo questi (la bestia, il diavolo, satana) dovrà essere sciolto per un po' di tempo» (Ap 20,3).

GAETANO BARBELLA

martedì 24 febbraio 2009

MEGLIO CHE UN UOMO INASINISCA , O CHE UN ASINO INUMANISCA?

"O messere sappime dire e resolvimi un poco, qual cosa delle due è più degna, che un uomo inasinisca o che un asino inumanisca? Ovviamente, chiunque opterebbe per la seconda alternativa ma Franco Manganelli, nel suo saggio "LA CABALA NOLANA DIALOGHI SULL'ASINITÀ DI GIORDANO BRUNO", sostiene e dimostra con argomentazioni convincenti che, a leggere attentamente il saggio bruniano, la risposta non è per niente scontata. Egli, infatti, è convinto che "dove i filosofi naturali hanno parlato più apertamente, quivi hanno parlato più oscuratamente" giunge alla conclusione che "l'ascenso" dall'asino all'uomo e "il descenso" dall'uomo all'asino, per Giordano Bruno, siano fasi di un unico processo circolare ed evolutivo che conduce dall'ignoranza alla conoscenza sempre più ampia e profonda "inumanimento", per il tramite della presa di coscienza che ogni livello conoscitivo raggiunto è sempre parziale e, quindi, inadeguato "inasinimento". Di qui l'invito dello stesso Nolano "forzatevi , forzatevi dunque ad esser asini , o voi, che siete uomini". Bruno distingue due modi dell' asinità. Uno sia in coloro che si rassegnano alla condizione asinina, sia in coloro che, promettendo in cambio l'ingresso in Paradiso inducono i fedeli ad accettare passivamente qualsiasi angheria, a sottomettersi sotto capi prepotenti costringendoli a rassegnarsi al negativo della vita. L'altro modo di essere asini è quello di riconoscersi tali e, contemporaneamente, di inserirsi nel processo circolare virtuoso tra ignoranza e conoscenza che consente un graduale cammino verso la verità.

domenica 22 febbraio 2009

LA COMETA LULIN DI UN FUTURISMO DI SPERANZA?IL GRANELLO DI SENAPE

COMMENTO DI GAETANO BARBELLA

Parliamo ora nell’argomentato GRANELLO DI SENAPE cominciando da quell’“Ultima Cena” di Gesù con gli apostoli
Devo dire che il post sul vino, che vi riguarda, mi ha fornito una risposta completa che cercavo da tempo. Giusto dire dunque, “in vino veritas”!
Si tratta di ciò che disse fra l’altro Gesù nell’“Ultima Cena” che io ho citato nel commento a riguardo. Ora ripeto il versetto che è relativo al Vangelo di Matteo 26,29: «Ma io vi dico, d’ora innanzi non berrò più di questo frutto della vite fino al giorno in cui lo berrò nuovo con voi nel regno del Padre mio.».
Cosa è che mi ha reso perplesso di queste parole? Quel «berrò nuovo» che, per dare un giusto senso logico alla frase, poteva essere scritto «berrò di nuovo», invece no perché anche il Vangelo di Marco riporta queste parole in egual modo.
Fidandomi della corretta traduzione dai testi originali, ho pensato che si tratti di un «vino» rinnovato e perciò di un sangue umano di nuova generazione. Insomma un uomo nuovo, quelli della Gerusalemme Celeste - mettiamo -, che può benissimo essere vista come il «globo di vetro» della frase di Fulcanelli di cui al commento precedente. Già questa considerazione mi ha fatto avvicinare il Cristianesimo all’Alchimia che si preoccupa della “chimica” della costituzione occulta umana, corpo, anima e spirito, ma vediamo il seguito.
Sappiamo che dei quattro Evangeli manca all’appello della Cena Eucaristica quello di Giovanni che non ne parla affatto. Tuttavia Giovanni si sofferma anche lui su un pranzo, quello di Cana (che è come una cena), e che è per giunta il primo rispetto agli altri. Ci sono in entrambi i casi i segni della trasformazione, a Cana l’acqua si trasforma in vino e al Cenacolo, detto come il dipinto di Leonardo, il vino, oltre il pane, si trasforma nel sangue e corpo di Cristo.
Nel Cenacolo si instaura, così, la base su cui dovrà essere edificata la Chiesa di Cristo: sul rituale di questa cena da perpetuarsi attraverso la santa Messa, fino alla fine dei tempi, questo per costituire lo stretto legame col mandato di Gesù con suoi catecumeni. Di qui tutto un soppalco di concezioni per edificare una Chiesa quale “globo di vetro” simile a quello di Teofrasto suddetto, allo scopo di convertire le elemosine-offerte e preghiere dei credenti, da ritenere peculiare “fuoco del mondo” (il famoso “sale” che ha "sapore" di sale) in “fuoco” per far progredire la Chiesa allo scopo della conversione di tutti gli uomini della Terra. E questo è il “fuoco” della provvidenza che però da solo non basta perché ce n’è un altro che è molto potente, ma che comporta molti sacrifici, se non martiri. Questo fuoco possiamo ritenerlo per la gloria di Dio che però sembra restare nel mistero. Di queste cose è solo il Vangelo di Giovanni a occuparsene ed è proprio lui che ci fornisce la spiegazione a riguardo con la guarigione del cieco nato. L’episodio è questo ridotto all’essenziale.
Vedendo un cieco tale fino dalla nascita, i discepoli chiedono a Gesù se è per colpa sua o per colpa dei suoi genitori che egli è in quella situazione. E Gesù risponde: «Né lui ha peccato né i suoi genitori, ma è così perché si manifestassero in lui le opere di Dio.» [Giovanni 9,3].
Credo che ora si sia capito a cosa poteva servire la cecità di quell’uomo che in una certa misura era sollevato dalla sua pena che l’accettava anche se a malincuore. Ma ci sono nella vita fatti di gran lunga gravosi, come, per esempio, quello del recente caso di Eluana morta con il "concorso umano" approvato dalla legge, cosa che ha spaccato in due l’Italia intera.
Al di là della questione sorta sul suo decesso non naturale, ci si domanda allora, dov’era il patos necessario che, per vie interiori, generava il “fuoco” convertibile per la gloria di Dio? In Eluana? Sì, ma anche nei suoi cari che erano in piena coscienza e ne portavano il peso, la croce, giorno e notte, una sofferenza inaudita, che ora pur mitigandosi nel tempo sono costretti ancora a sopportare. In quanto poi alla suddetta questione del decesso deciso dalla legge laica che si discosta da quella della religione decisamente contraria, è Gesù stesso che potrebbe darcene il segno...potrebbe non senza vere certezze però, attenzione!
Gesù si dimostrò un disobbediente sovvertendo le leggi di Mosè che tutti dovevano osservare, infatti pur di guarire quel cieco egli non aspettò l’indomani poiché non gli era concesso di farlo di sabato, proprio il giorno del miracolo. Dunque il caso Eluana potrebbe essere visto sotto questa stessa prospettiva ma in modo capovolto, ritenendo la vita post mortem lo scopo della sua “guarigione”. D’altronde siamo o non siamo i “portatori” del Cristo se ci professiamo cristiani?
Però non sono io a suggerire una cosa simile ma è una decisione che viene solo dal Cristo personale in ognuno di noi. Di qui la possibilità di essere poi crocifissi come fu per Gesù, ma attraverso rimorsi di coscienza.
Ma c’è di più, e vengo al punto straordinario che potrà salvare gli uomini avviati alla “fine dei tempi”.
Esiste un altro “globo di vetro”, in parallelo all’altro della Chiesa suddetto, nel cui punto focale, dello “specchio concavo” di Teofrasto, converge uno speciale “fuoco del mondo” che tutti disprezzano, ma non gli antichi filosofi oltre agli ecclesiasti del passato. Si tratta dei confessionili delle Chiese dove i credenti penitenti riversano i loro peccati.
La comprensione di questo Mistero del Cristianesimo può essere possibile in questo modo. Oggi non potendosi più ottenere risorse energetiche a costi accettabili per la carenza di giacimenti, il sistema si trova nella prospettiva di ricavarle dai rifiuti urbani, per esempio. Ecco semplicemente spiegato la sacra funzione della Chiesa stessa, che trova la sua sede, il suo trono nella Madre di Dio, la Madre Vergine, dove si concepisce la trasformazione dei “Peccati” in risorse straordinarie per la sopravvivenza interiore del genere umano, perché non si disperi. Ed ecco spiegata la statuaria delle Madonne Nere, oppure della Madonna con le spade nel suo cuore, delle Madonne che piangono.

Resta un’ultima cosa che scaturisce dallo sposalizio a Cana di Galilea, cosa della quale han fatto propria i cultori della storia della Maddalena sposa di Cristo che Dan Brown ha diffuso col suo libro, “Il codice da Vinci”.
Dal canto mio pongo in relazione quelle parole di Gesù sul «berrò nuovo» detto fra l’altro all’“ultima Cena”, che certamente si riferisce all’uomo nuovo, meglio l’uomo della resurrezione alla fine dei tempi. Ma quale il sorpasso con le nozze di Cana?
Prima di tutto il nome di Cana ricorda la Cananea che è il paese conquistato da Giosuè che poi prende il nome di Israele, ma che al tempo di Gesù fu chiamato Palestina per volere dei romani onde umiliare i giudei. I Cananei erano adoratori di idoli e questo crea un primo labile accostamento all’idea di una parallela concezione esoterica in seno al sorgente cristianesimo.
A questo si aggiunge la trasformazione dell’acqua in vino che porta alla concezione dell’opera alchemica che si occupa della materia mercuriale, che è un’acqua che però non bagna ed è chiamata in tanti modi, come mare in modo frequente. Ed è velatamente la Maria madre di Gesù. Il vino le conferisce il fuoco che però non brucia.
Infine, sempre ber bocca di Giovanni viene detto che Gesù è il Buon Pastore dei credenti in lui, ma aggiunge questa frase: «...altre pecore che non sono di questo ovile; anche quelle bisogna che io guidi; ed ascolteranno la mia voce, e ci sarà un solo gregge, un solo pastore.» [Giovanni 10,16].

La cometa Lulin si scusa per così tante parole ma avrebbe desiderato aggiungerne delle altre. Siccome ha appena transitato sulla direttiva di Saturno, Lulin vi suggerisce di leggere una favola che gli potrebbe riguardare cliccando su “Il dio sconosciuto”. È di una nota astrologa napoletana che conosco, Clara Negri.
Ambasciator non porta pene,
GAETANO BARBELLA

LA COMETA LULIN DI UN FUTURISMO DELLA SPERANZA? IL NEUTRINO

COMMENTO DI GAETANO BARBELLA

L'apparizione delle comete rappresenta un evento che ha sempre destato nelle genti di tutte le epoche un fascino straordinario. Esso era tale a volte da ritenerle messaggere di eventi, il più delle volte catastrofici, ma anche di benefici cambiamenti epocali come fu quella che presumibilmente "seguirono" i tre Re Magi per giungere alla grotta di Betlemme, per onorare la nascita del Messia, Gesù.
Oggi è di scena nel cielo notturno la cometa Lulin che l’amica Annarita ha presentato sul suo blog Scientificando. La Lulin è nota come la Cometa Verde, come uno magnifico smeraldo nello spazio. Questa colorazione è determinata dalla particolare colorazione della sua coda, dovuta alla tipologia di gas emessi.
Oggi 24 marzo 2009 la Lulin, vista dalla terra, transita sulla linea eclittica relativa alla costellazione del Leone ed è anche in collimazione ddel pianeta Saturno. In questo giorno la si può vedere ad occhio nudo perché è nella posizione più prossima alla terra essendo alla sua massima magnitudine che ne indica la brillantezza.
Chiedo scusa se ho divagato con la Lulin sull’argomento del Centenario del Futurismo in discussione, ma mi ha attratto l’idea di legare i due eventi a ragione della coincidenza delle stesse date. E poi ciò che argomenterò si presta molto ad un simile approccio.
Sentite allora cosa mi ha suggerito di dire, all’amica Paola, questa gemma dello spazio col suo color verde che è quello della speranza, dunque un incoraggiante segno di un nuovo Futurismo in prospettiva.

Carissima Paola,
stai seguendo la tua “corrente” interiore e tu ne sei consapevole, il tanto che basta per imbastire sul tuo blog, post dopo post, un itinerario prestabilito, chissà una certa Lulin metafisica, ora finalmente in chiara prospettiva con quella fisica, ti dice di fare così...
Hai così deciso, seguendo la tua "corrente", di porre in discussione l'argomento sul Centenario del Futurismo e dopo i vari interventi dei nostri amici comuni, si è al dopo di “Bacco”, chi appartato per “Venere”, e chi per “Tabacco”, qui come in un bel salotto a dilettarsi con ampie boccate di un certo “fumo”, il “Futurismo” nell’intenzione di perfezionarne la visione a tutto campo.
Non c’è di meglio, almeno sembra, persino come prospettiva futuribile per far progredire il tutto della vita, della pittura, poesia, arredamento, teatro, musica, fotografia, cinema , aeropittura e così via. Persino dell’arte del mangiare e bere fai notare tu Paola. Ma siccome si tratta della triade che “riduce l’uomo in cenere”, sorge inevitabile il disaccordo sul “Futurismo” in discussione.
E tutto ciò è comunque lodevole e incoraggiante potendo far sperare che la vita abbia nuovi stimoli, nuovi sbocchi, e così rigenerare il suo fuoco vitale, secondo ciò che fu concepito dal divino Teofrasto, per stare a sentire qualcuno del passato. Chissà le cose irrisolvibili, che l’uomo tenta di fronteggiare oggi con un rinnovato Futurismo, con l’Alchimia lo possono. Teofrasto infatti, per bocca del famoso maestro di ermetismo Fulcanelli, puntualizza quest’arcano così dicendo: «Si deve purificare ed esaltare l’elemento del fuoco, che è in noi, e aumentare il tono di questa corda allentata. Non si deve far altro che concentrare il fuoco del mondo, per mezzo di specchi concavi, dentro un globo di vetro; e qui c’è l’artificio che tutti gli Antichi hanno religiosamente tenuto segreto, e che il divino Teofrasto scopri. Si forma in questo globo una polvere solare, che poiché si è purificata da sé medesima, con la mescolanza con altri elementi; ed essendo preparata secondo l’arte, diventa, in poco tempo, superlativamente adatta ad esaltare il fuoco che e in noi; ed a farci diventare, per modo di dire, di natura ignea» [Le Dimore Filosofali di Fulcanelli, p. 22. Edizioni Mediterranee].
Difficile a capirsi, ma faccio l’esempio di Sanremo del canto di questi giorni e la cosa sarà abbastanza chiara..
Sanremo è lo “specchio concavo”, simile ad una parabola e tutti vi hanno confluiti con i loro entusiasmi: è questo un modo di essere del “fuoco del mondo”, se pur volgare per quel divino Teofrasto di Fulcanelli.
Ma Sanremo è anche il “globo di vetro” ben architettato come una gemma dell’ascolto in cui si moltiplicano i raggi luminosi. Infine i cantanti a turno hanno costituito il punto focale della parabola in cui converge l’argomentato “fuoco del mondo”. Il resto dietro le quinte fa immaginare tutta la meccanica della “manipolazione” di questo “fuoco” e non c’è bisogno di parlarne.
E così il mondo va avanti: quelli dell’“ascolto” pieni di speranza, quasi certezze inculcate dai media, che si assiepano - mettiamo fino a ierii a Sanremo ed alla TV- per essere felici almeno per un’ora e quelli dietro le quinte del “globo di vetro”, con fuoco a iosa hanno avuto modo di sentirsi dei divini in tanti modi specifici. Eccetto alcuni che restano bruciati per l’abbuffata del diabolico “fuoco”.
Arrivati a questo punto, guardandoci intorno, nella speranza di trovare una nuova fonte da cui trarre energia, e di qui la dinamica su cui imbastire un Futurismo rinnovato, ci rendiamo conto di non intravedere nulla di energizzabile con costi ragionevoli. Tutto è in disastroso calo: ce lo dicono continuamente le Borse, il polso della Finanza mondiale. Industrie, che fino a ieri erano dei giganti, dei mostri, ore sono allo sfascio. Similmente ai dinosauri che poi si estinsero,
Ma è veramente così tragica la situazione vitale di questo millennio appena iniziato? Può essere, ma prima di farsi prendere dal pessimismo faccio notare che si è tralasciato qualcosa di importante per far quadrare i conti, poiché l'equazione matematica a riguardo è incompleta. Porto l'esempio della scienza che ci fa da maestra sulla tematica del Futurismo in corso.
La scienza ha avuto continuamente problemi analoghi da fronteggiare, come quello di far tornare i conti del principio di conservazione della fisica che dice così: «In natura, qualunque sia il processo considerato, in ogni sistema isolato, cioè che non ha salti energetici con l'esterno, l'energia totale del sistema si conserva».
Si tratta del meccanismo che deve tener conto della conservazione dell’energia in ogni sua forma, quella meccanica, termica, chimica, elettromagnetica, nucleare, e l'energia di massa. Infatti tutte le volte che durante i capricciosi mutamenti dei fenomeni naturali si è presentato qualche deficit energetico, i fisici, per così dire, hanno alterato il bilancio introducendo nuove ipotesi energetiche. L’esempio più classico è forse quello del "neutrino" particella senza massa e senza carica, postulata nel 1930 da Wolfgang Bauli e battezzata da Enrico fermi, introdotta per interpretare il decadimento radioattivo a cui sono interessate le particelle β.
Storicamente il neutrino venne introdotto per salvare dal naufragio almeno tre leggi di conservazione (energia, quantità di moto e momento angolare). Questa particella rimase per circa trent’anni un utile ed elusivo fantasma al quale i fisici credevano per l'assoluta fiducia riposta nel principio di conservazione dell'energia. Solo nel 1955, Cowan e Reines, mediante una serie di brillanti esperimenti, riuscirono a mettere in evidenza la reale esistenza del neutrino.
Quale la morale che il fisico ci porta a conoscenza in seguito a quanto argomentato? Che nonostante la nostra fede nel suddetto principio, dobbiamo sempre ricordare ai giovani studenti che l’unica realtà di fatto nello studio della fisica, e in genere della scienza, è quella di non credere mai di essere in possesso di una verità assoluta, ma di procedere sempre verso stadi più elevati [NUOVA PHISICA di Antonio Caforio e Aldo Ferilli - Ediz; LE MONIER].
E qui ora voglio ricordare che sulla scorta della morale del “neutrino” fantasma dei fisici ci si è dimenticati di un altra sorta si cosa fantasma, l’evangelico “GRANELLO DI SENAPE” [Marco 4,30-32].
Si tratta di uno dei commensali degustatori del buon vino del post relativo, Gesù e i suoi apostoli. Perciò chiedo: ma loro non contano proprio nulla sulla questione del Futurismo? Eppure non fu proprio Gesù a istituire il primo Manifesto Futurista, che mise in croce l’Impero di Roma e con esso il Paganesimo?
Io credo che se non fosse per quell’“Ultima Cena”, quel “bacio” traditore di fine Cena sul Monte degli Ulivi e, in anteprima, il miracolo delle “Nozze di Cana”, noi non avremmo alcuna altra possibilità di sbarrare il torrente della fine del mondo che sembra prepararsi a danno dell’umanità con un nuovo diluvio. Ecco una sorta di “Bacco”, ma alla rovescia, che però poco piace se non per filosofeggiare in comodi salotti, andare a Messa e riversare nei Confessionili i peccati, più per un formalismo che per effettiva convinzioni penitenziale.
GAETANO BARBELLA

venerdì 20 febbraio 2009

20/02/1909 IL FUTURISMO COMPIE CENT' ANNI

" Noi canteremo le grandi folle agitate dal lavoro, dal piacere o dalla sommossa, canteremo le maree multicolori e polifoniche delle rivoluzioni nelle capitali moderne..." Il futurismo visse e si sviluppò a colpi di manifesti ed enunciazioni un po' folli. Professò il disprezzo delle donne e dei musei, ma poi reintegrò le artiste e costituì eccentrici"musei" dove storicizzare l'esperienza futurista. Abbracciò l'interventismo ed ebbe simpatie fasciste ma nonostante ciò resta un'avanguardia di grande spessore in tutti i settori delle arti. Basterebbe il titolo di un quadro di Umberto Boccioni (1882/ 1916) per capire la nascita delle metropoli e del futurismo. Forse non tutti sanno che Umberto Boccioni se non nacque in Romagna fu un puro caso. I suoi genitori erano di Morciano di Romagna, il padre per lavoro aveva frequenti spostamenti, ma la famiglia mantenne usi e costumi romagnoli. Umberto Boccioni era considerato un romagnolo da tutti gli amici. Le sue origini erano evidenti nei modi e nel linguaggio. Marinetti lo descrive come un irruente dal sangue romagnolo. Aldo Palazzeschi come un purosangue romagnolo, vulcanico, esplosivo e al tempo stesso incapace di rancore.

mercoledì 18 febbraio 2009

ELOGIO AL VINO II COMMENTO DI PIER LUIGI ZANATA

INVENZIONE DEL BACIO
Il vino e' poi responsabile del bacio.
Nella Roma repubblicana la cantina era prerogativa degli uomini, i quali tenevano le botti piene di vino chiuse a chiave. La sera al rientro a casa per stabilire se le donne avessero assaporato quel nettare usavano avvicinare il loro naso alla bocca delle donne di casa, ma qualcuno, per essere piu' sicuro, o forse soltanto piu' audace appoggiava le proprie labbra su quelle muliebri, soprattutto delle ancelle, e, poi, indugiava in un bacio. Questo aneddoto e' riportato da Gaio Plinio Secondo, detto il Vecchio, nella sua Naturalis Historia.
Il vino e' antico quasi quanto l' uomo, e la sua storia cammina di pari passo con quella della civilta'. Un percorso affascinante, che dagli altipiani dell' Asia Minore e dalla Mesopotamia ci porta a Londra e Parigi, passando, naturalmente, per Atene e Roma.
La fantastica storia del vino, negli ultimi decenni, grazie soprattutto all' opera di storici quali Braduel, Bloch, Pirenne e piu' recentemente Le Goff, la cosiddetta "histoire a part entière" e' entrata a tutti gli effetti nel novero delle scienze storiche in senso stretto.
Jean François Revel nel suo bellissimo saggio "3000 anni a tavola (Rizzoli, 1979) afferma " Nel corso della preistoria l' uva era una bacca come le altre. Ma a partire dal momento in cui la vigna venne coltivata, essa rivelò una grande superiorità su tutti gli altri frutti produttori di bevande fermentate, e questa superiorità consiste essenzialmente in tre proprietà: l' estrema varietà del sapore del vino a seconda del tipo di vite, della zona e del clima in cui cresce la vigna; il suo dono di poter invecchiare, di evolversi e di prestarsi a ogni genere di esperienze a seconda delle condizioni in cui si conserva; la conseguente possibilita', almeno per certi vini, di essere trasportati in luoghi anche lontani. Per questo il vino è divenuto l' unica bevanda alcolica che presenti al tempo stesso una diffusione universale e un' estrema diversificazione".
Al vino sono collegati i culti dionisiaci, i riti misterici e orfici. E' presente nelle due più famose composizioni letterarie legate al Simposio, quella di Senofonte e il noto dialogo platonico. E' uno degli elementi di principale ispirazione del pensiero di Friederich Nietzsche, dove troviamo contrrapposti lo spirito dionisiaco all' apollineo, intendendo con il primo l' aspetto centrale della tragedia antica, forse la piu' diretta derivazione in chiave esoterica dei misteri orfici.
A Roma, e' vero che esiste Bacco, ma il vero erede della tradizione dionisiaca antica non e' tanto Bacchus, pacciocone e ubriacone, quanto Liber. Liber e' associato molto spesso a quella visione di dio vendicativo e diabolico che era tipica del Dioniso greco. Orazio nelle Metamorfosi e in diversi Carmina lo descrive, infatti, a tinte fosche. Liber pero' resta sostanzialmente confinato nelle composizioni poetiche e letterarie, senza raggiungere l' immaginario collettivo del popolo. Bacco, invece, e' quasi sempre descritto come dio allegro e godurioso, piu' attratto dal vino come foriero di allegre sbronze e di seduzioni insperate che dai foschi temi della vendetta e della perdizione.
E' questo e' quanto ancora oggi si ritiene nella penisola italica una volta Enotria, cioe' terra del vino.
Ma questo e' storia di oggi

DAL COMMENTO DI ANNARITA RUBERTO
L'elogio del vino
di MORANDO DA PADOVA.


Ave color vini clari,

ave sapor sine pari,

tua nos inebriari

digneris potentia...

Ergo vinum conlaudemus,

potatores exultemus.

non potantes confundemus

in eterna tristitia. Amen.

COMMENTO DI GAETANO
Passando dal profano al sacro, non avete pensato ai nostri sacerdoti del cristianesimo che tutti i santi giorni “degustano” il vino? Guardando la foto di un sommelier in grembiule, intento nell’esame visivo del vino, per esempio quello esposto da wikipedia alla voce sommelier , non c’è tanta differenza con un sacerdote che innalza il calice eucaristico benedicendolo.
E poi il termine “sommelier” deriva dal francese provenzale “saumalier”. In origine il significato era conducente di bestie da soma; col tempo mutato in addetto ai viveri, poi in cantiniere. L’origine latina va individuata nella parola “sagma”, che significa “soma” e, per estensione, il carico che gli animali da soma trasportano. Dunque il passo è breve per legare il termine sommelier a Gesù che
chiese di fare la parte di “soma” durante l’ingresso trionfale a Gerusalemme, montando un puledro, appunto.
In quell’occasione Gesù era il “soma”, ma in un’altra circostanza egli fa capire il senso dell’emblema del puledro e si rivolge ai bisognosi con queste parole:
«Venite a me voi tutti che siete affaticati e stanchi, ed io vi darò riposo. Prendete su di voi il mio giogo e imparate da me, che sono dolce e umile di cuore, e troverete pace per le anime vostre; perché il mio giogo è soave e il mio peso leggero.» (Matteo 11, 25-30)E non fu Gesù a sacralizzare il vino e il pane durante l’ultima cena? In quell’occasione fece questa promessa sacrale con queste testuali parole (che erano in concordanza fra i tre Evangeli, eccetto quello di Giovanni): cito il Vangelo di Matteo 26,29: «Ma io vi dico, d’ora innanzi non berrò più di questo frutto della vite fino al giorno in cui lo berrò nuovo con voi nel regno del Padre mio.».

Ma non manca persino il bacio che fu quello traditore di Giuda subito dopo la cena.

gaetano

COMMENTO DI PIETRO

Beh, se è per questo, il miracolo più.. miracoloso, e che tutti noi, amanti del vino buono, non possiamo non condividere è...

...è quello delle nozze di Cana, quello della trasformazione dell'acqua in vino, ma in vino di quello buono...

da:http://www.vatican.va/archive/bible/new-testament/documents/bible_john-chap-2-cana_it.html

IL VANGELO SECONDO GIOVANNI

Capitolo 2

1 Tre giorni dopo, ci fu uno sposalizio a Cana di Galilea e c'era la madre di Gesù.
2 Fu invitato alle nozze anche Gesù con i suoi discepoli.
3 Nel frattempo, venuto a mancare il vino, la madre di Gesù gli disse: «Non hanno più vino».
4 E Gesù rispose: «Che ho da fare con te, o donna? Non è ancora giunta la mia ora».
5 La madre dice ai servi: «Fate quello che vi dirà».
6 Vi erano là sei giare di pietra per la purificazione dei Giudei, contenenti ciascuna due o tre barili.
7 E Gesù disse loro: «Riempite d'acqua le giare» e le riempirono fino all'orlo.
8 Disse loro di nuovo: «Ora attingete e portatene al maestro di tavola». Ed essi gliene portarono.
9 E come ebbe assaggiato l'acqua diventata vino, il maestro di tavola, che non sapeva di dove venisse (ma lo sapevano i servi che avevano attinto l'acqua), chiamò lo sposo
10 e gli disse: «Tutti servono da principio il vino buono e, quando sono un po' brilli, quello meno buono; tu invece hai conservato fino ad ora il vino buono».
11 Così Gesù diede inizio ai suoi miracoli in Cana di Galilea, manifestò la sua gloria e i suoi discepoli credettero in lui. ..



lunedì 16 febbraio 2009

ELOGIO AL VINO


CITAZIONE BIBLICA
Il vino è come la vita per gli uomini purchè tu lo beva con misura.
Che vita è quella di chi non ha vino?
Questo fu creato per la gioia degli uomini:
allegria del cuore e gioia degli uomini è il vino bevuto a tempo e misura.

SONETTO DEL VINO

In quale regno o secolo e sotto quale tacita

Congiunzione di astri, in che giorno segreto

Non segnato dal marmo, nacque la fortunata

E singolare idea di inventare l’allegria?

Con autunni dorati fu inventata. Ed il vino

Fluisce rosso lungo mille generazioni

Come il fiume del tempo e nell’arduo cammino

Ci fa dono di musica, di fuoco e di leoni.

Nella notte del giubilo e nell’infausto giorno

Esalta l’allegria o attenua la paura,

e questo ditirambo nuovo che oggi gli canto

lo intonarono un giorno l’arabo e il persiano.

Vino, insegnami come vedere la mia storia

Quasi fosse già fatta cenere di memoria.

JORGE LUIS BORGES

sabato 14 febbraio 2009

SCOPERTA LA MAGIA DELL' AMORE

Quale è il segreto dell'innamoramento? Da sempre se lo chiedono poeti e letterati, film romantici e canzoni struggenti. Tutto tempo perso, la scienza ha trovato la risposta. E' tutto merito di un ormone, l' ossitocina. Un pizzico di ossitocina produce nel cervello una reazione identica a quella che una madre ha quando guarda il suo bambino o di una donna che guarda il suo innamorato. Tra poco arriverà la "pillola dell' innamoramento" lo rivela un noto neuroscieziato americano. Forse finiranno le guerre, basterà assumere una pillola e il rivoluzionario si innamorerà del reazionario e viceversa . La favola diventa realtà , l' Orlando rimarrà innamorato e non diverrà furioso.

mercoledì 11 febbraio 2009

LA COLONNA DEI FRANCESI

Davanti alla mia casa passa il fiume Ronco. Il giorno di Pasqua (11/04/1512) si combattè qui, la famosa battaglia di Ravenna. Da una parte l'esercito francese alleato al duca di Ferrara, dall'altra gli eserciti uniti di Papa Giulio II e re Ferdinando di Spagna. L'episodio è famoso nella storia militare, si trattò della prima battaglia in cui furono impiegate le artiglierie in campo aperto. A questo proposito si racconta , che essendosi spostate le forze in campo, un messaggero andò ad avvisare il duca Alfonso D'Este, comandante delle artiglierie, che i suoi cannoni stavano sparando sui francesi. Il duca rispose... sparate, sparate, pure senza spostarvi, chè tanto lì son tutti stranieri. Sulla riva destra del fiume fu posto, a ricordo, un pilastro chiamato la Colonna Dei Francesi.

domenica 8 febbraio 2009

DAL BLOG REPUBBLICA INDIPENDENTE

INNO ALLA VITA ALLA PIETA' ED AL SILENZIO

Io non posso che essere per la vita, con tutte le mie forze, con il cuore, con il pensiero e con la ragione.

Siamo vivi.
Siamo vivi di giorno e di notte.
Siamo vivi quando siamo felici.
Siamo vivi quando soffriamo.
Siamo vivi quando il piacere ci scuote le vene.
Siamo vivi quando il pianto ci strozza la gola.
Siamo vita infettiva, quando diamo i nostri corpi per creare un altro essere vivente.
Carne della nostra carne.
Sangue del nostro sangue.

La carne ha colori diversi, a volte incomprensibili.
Il sangue ha sempre lo stesso colore.
La pelle può dividere le genti.
Il sangue non può dividere gli uomini.

La vita entra dentro di noi attraverso gli occhi, che leggono i colori.
La vita entra dentro di noi attraverso le orecchie, che ascoltano suoni e rumori.
La vita entra dentro di noi attraverso il naso, che sente profumi ed odori.
La vita entra dentro di noi attraverso la lingua,che assapora il gusto ella natura.
La vita entra dentro di noi attraverso la pelle,che trasmette il calore del mondo.

La pelle può dividere le tribù.
Il sangue non può dividere gli uomini.
La carne ha colori diversi, a volte strani.
Il sangue ha sempre lo stesso colore.

La vita è il colore, il suono, l'odore, il sapore, il calore dei nostri giorni.
La vita è la coscienza di essere vivi.
La vita è tutto ciò di cui siamo padroni.
La vita è la libertà di non essere schiavi.
La vita è avere dubbi.
La vita è avere paura.
La vita è non sapere scegliere.
La vita è sbagliare.
La vita è andare a sbattere contro i muri.
La vita è rimanere soli.
La vita è morire.

La vita è donare la propria materia ai campi, perchè germoglino i fiori.
La vita è donare i propri pensieri agli uomini, perchè germogli l'umanità.
La vita è avere pietà, perchè germogli il bene.

La vita è...

La vita non è...
Non bastano milioni e miliardi di pagine per raccontare la vita.

Ogni uomo, come una goccia, appartiene all'oceano umano.
Ogni uomo è un mondo unico e irripetibile.
Ogni uomo è un mondo intero.
Ogni uomo è in sè la vita.
Miliardi e triliardi di parole, di pagine, di libri. Tutte le biblioteche del mondo e dell'eternità non raccontano una sola vita intera.

...Ma nessuna parola, neanche una, può dire della morte, che è ciò di cui è impossibile dire.

Il silenzio è compagno della morte.

Il silenzio.
Le tenebre.
Il vuoto.

Non ci sono altri compagni...

Non si può dire della morte.....
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sabato 7 febbraio 2009

COMMENTO DI GAETANO


LA TOMBA DEL CANE
Argota de Brésa

Vivo da 1969 a Brescia, ma non abbastanza per parlare in dialetto locale e tantomeno scrivere, tuttavia capace, a titolare questo breve saggio, argota de Brésa, cioè qualcosa di Brescia, nell’intento di dire, delle cose che altri non han fatto su un curioso monumento noto come «La Tomba del Cane». Davvero singolare, oltre che curioso, questo manufatto edile, poiché molti sono i monumenti nel mondo dedicati a questo animale dell’uomo, fedele per antonomasia, ma non al punto di commemorarlo addirittura con un’arca funebre come quella bresciana dell’illustrazione 1.
La tomba del cane, o arca Bonomini, è un piccolo curioso monumento in marmo bianco che si scorge anche da lontano sulle falde della collina a ridosso del monte Maddalena,
i Ronchi di Brescia. Di notte, dalla città si vede ancora meglio poiché è particolarmente illuminato. Fu ultimata nel 1860 su progetto di Rodolfo Vantini, un valente architetto bresciano, autore di varie opere di notevole prestigio del genere funerario, come il Cimitero Monumentale di Brescia. Il committente di questa opera, Angelo Bonomini, aveva lasciato nel 1837 tutti i suoi beni all’ospedale civile, con la clausola che si costruisse nel suo ronco un monumento funerario per lui e per il suo socio in affari. Ma il sepolcro non accolse mai le spoglie dei due commercianti e come volle la tradizione popolare si sparse la convinzione che fu un cane ad esservi seppellito.
Per il resto e la foto della tomba clicca qui

FOTO DI FABIO CORVINI

giovedì 5 febbraio 2009

IL CIMITERO DEGLI ANIMALI

A Mantova, nella bella reggia che fu dei Gonzaga, oltre alle immense opere d'arte come la "camera picta" affrescata dal Mantegna vi è anche la testimonianza dell'amore dei Gonzaga per gli animali con un loro cimitero con tanto di lapidi. Anche noi a Ravenna abbiamo un curioso cimitero di animali: cani e uccelli che venivano sepolti con tutti gli onori dai loro proprietari. La prima lapide è del 1850 e ricorda il corvo Marco "optimi ingenii", l'ultima del 1886 celebra le virtù di... "Tarmarula fedelissimo cane di pronta mente, di molto ingegno e di straordinaria bontà". Ma la più amena è la lapide dedicata a Fanalino... "Can piccino, fiero in guerra, dolce in pace, qui sotterra, morto giace, decrepito diceva: me ne fotto, replicò il detto, poi morì di botto".

lunedì 2 febbraio 2009

NON RESTIAMO MUTI COME I PESCI

TRAFFICO D'ORGANI ANCHE IN ITALIA! Bambini come pezzi di ricambio? Il sospetto c'è. L'Italia potrebbe essere uno dei terminali di un traffico senza frontiere. "Io qualche anno fa aprii un' inchiesta su un presunto traffico di minori che coinvolgeva l'Albania,la Grecia e noi. Ebbi il preciso sospetto che il nostro paese fosse una zona di transito dell'ignobile commercio. Sparito un bambino chissà che fine fa, l' allarme del ministro Maroni non va sottovalutato". Letto sulla Repubblica.