martedì 2 gennaio 2018

Galla Placidia e il graal: terza puntata

Dalle nozze tra Ataulfo e Galla Placidia nacque un bambino, venne chiamato Teodosio, come il nonno materno. Galla Placidia sfidava l’Oriente, tenacemente e ferocemente antigermanico, pensò che il futuro appartenesse a suo figlio, e con esso il futuro dell’unità dell’Impero.
Quel bambino, rappresentava il graal, nato dalla coppa/ventre di Galla Placidia.
Compimento dell’armonia tra Barbari e Romani.
In effetti si può pensare al graal come a un'energia pura, a un equilibrio armonico.
Solo i puri e i folli lo vedono, ma il graal non si afferra, racconta la leggenda.
Si cerca, si trova, qualche volta, ma scompare sempre.
C’è sempre qualcuno che mette i bastoni fra le ruote.
Teodosio, il bimbo morì pochi mesi dopo.
Fu ucciso… forse. 
Il suo corpo, chiuso in una bara d’argento massiccio, fu sepolto in una chiesa fuori le mura di Barcellona.
Poco tempo dopo, anche Ataulfo morì, vittima di una congiura: venne assassinato a tradimento nelle stalle dei cavalli.
Galla Placidia si ritrovò di colpo sola, senza figlio e senza uomo, da regina dei Barbari si ritrovò prigioniera, trattata come merce di scambio.
Se il figlio di Galla non fosse morto, se Ataulfo non fosse stato ucciso, la storia avrebbe preso un’altra via e forse l’Impero d’Occidente, ormai disfatto dalla mancanza di qualsiasi valore morale, non sarebbe caduto, avrebbe avuto la vitalità della barbarie e quest’ultima avrebbe avuto la civiltà.
Meglio la barbarie o la civiltà?
Né l’una né l’altra, la prima non ha stabilità e regole, la seconda è zeppa di leggi, talmente tante da uccidere la creatività e lo spirito eroico, diventando sempre più una società parassita e menefreghista.
Sigerico il nuovo re dei barbari inflisse a Galla Placidia una penosa umiliazione, procedere a piedi scalzi per dodici miglia fuori dalla città, davanti al cavallo del re.
Come sempre, anche oggi, non si vede l’ora di mortificare chi cade in disgrazia.
Soprattutto se la persona in questione valeva veramente.
Così si spiegano le “damnatio memoriae”.
In un'ottica di cancellazione della memoria, perché la storia la scrivono i vincitori. “Le grandi nazioni scrivono la loro storia in tre libri, quello delle loro azioni, quello delle loro parole e quello della loro arte, non uno di questi libri può essere compreso se non abbiamo letto gli altri due, ma dei tre l’unico affidabile è l’ultimo” (J. Ruskin)
Le opere d’arte, l’architettura, la poesia non mentono. 

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