L’oca è un animale bellissimo, elegante, dal piumaggio
candido e il collo lungo, da sempre simbolo di signorilità e di classe. La
moglie di Gianni Agnelli aveva il collo lungo e venne ritratta molto spesso in particolari
pose, per evidenziarlo ancora di più. Marella, così si chiamava,
aveva il lungo collo eburneo che sorreggeva un volto dolcemente enigmatico. In arte
troviamo molto elegante la pittura di Modigliani probabilmente proprio per la delicatezza che
mostrano le sue modelle che lui ritrae sul dipinto con un collo molto lungo.
Poi come dimenticare la bellezza unica della “Madonna dal collo lungo” di
Parmigianino? Le forme allungate,
sproporzionate, l’equilibrio precario delle figure sospese nell’aria, rivelano
la ricerca di un nuovo linguaggio più attento all’eleganza e alla ricercatezza
delle forme che all’armonia classica delle opere del primo Rinascimento. La
Madonna col collo affusolato e in torsione, regge un piccolo capo che in
qualche modo ricorda il collo e la testa
dell’oca, successivamente vi dirò il perché questo sia possibile, cioè
paragonare la Madonna a un’oca… intanto ricordatevi che se il termine oca è
dispregiativo, lo è unicamente perché l’oca/animale è talmente eccellente da denigrarla per pura invidia,
simbolicamente parlando.
lunedì 31 ottobre 2016
sabato 29 ottobre 2016
Storie di animali 28
Ambarabà Ciccì Coccò
tre civette sul comò
che facevano l’amore
con la figlia del dottore.
Il dottore si ammalò
Ambarabà Ciccì Coccò.
tre civette sul comò
che facevano l’amore
con la figlia del dottore.
Il dottore si ammalò
Ambarabà Ciccì Coccò.
Continuiamo a parlare di civette con questa nota filastrocca dall’oscuro significato, mica tanto, intanto Ambarabà
Ciccì Coccò simula una formula magica,
entriamo quindi in uno stato irreale.
Poi abbiamo tre civette sul comò, tre rapaci che potrebbero rappresentare l’uomo in quanto la civetta è un uccello, tre
uomini aggressivi e rapaci che facevano l’amore, lo dice chiara la terza riga,
con la figlia del dottore. Quindi una signorina di buona famiglia, ben allevata
ed educata, come si era cacciata in un menage a tre? Il dottore si ammalò e lo
credo, scopre la figlia, magari incinta, non una ma tre volte a fila, con dei
lazzaroni che non la sposano. Il dottore si ammalò e forse tutto andò in
malora, ecco che allora la filastrocca si chiude con una formula magica per
ricreare uno stato iniziale dove il dottore possa riavere la sua bambina pura e
innocente, ma sappiamo bene che ciò accade solo nelle favole.
giovedì 27 ottobre 2016
Storie di animali 26
Continuiamo con gufi e civette, ai gufi è stato dedicato un
bellissimo romanzo si intitola “Il regno dei gufi” di Martin
Hocke. Il protagonista è Hunter, un Gufo dei Granai. Egli cresce nel granaio dei suoi genitori, e
fin dai primi mesi di vita dimostra un vivo interesse per la conoscenza. Quando
arriva il suo momento di imparare la lezione più dura, e cioè l’indipendenza e
l’allontanamento dal nido familiare, Hunter si ritrova da solo a vagare per i
cieli notturni illuminati dalla pallida luna, alla ricerca della sua nuova
dimora e del Gufo che potrà impartirgli un’istruzione superiore. Le cose
purtroppo non vanno esattamente come egli aveva previsto, e si ritrova così a
dover sopravvivere da solo senza ricevere alcun insegnamento da nessuno, se non
dagli animali che popolano il territorio in cui si è stanziato. Inizialmente
diffidente e schivo, Hunter impara ben presto il valore della tolleranza e
dell’uguaglianza fra le specie. La
sua curiosità, sensibilità e sete di conoscenza, lo spingeranno così a voler
creare un’unione tra le tre razze di Gufi esistenti, e cioè quelli dei Granai,
quelli delle Foreste e gli Immigranti. Riuscirà nel suo intento quando un Gufo
Reale minaccerà la sopravvivenza dei Gufi, ma scomparsa la sua minaccia ne
arriverà un’altra, più pericolosa e incombente di prima: l’uomo, e insieme a esso
l’inquinamento proveniente dalle città, nonché la comparsa di un nuovo Gufo dei
Granai che intende sovvertire l’intero ordine sociale della comunità che Hunter
conosceva fin da pulcino. Tra guerra e amore, eroismo e tradimenti, un
romanzo che avvince, ricco di phatos. E’
la storia dei gufi ma potrebbe essere traslata agli umani, l’uomo senza piume e
nudo è l’essere che causa il maggior male agli altri e a se stesso.
martedì 25 ottobre 2016
Storie di animali 25
Attirare l’attenzione, la civetta, la civetta della polizia, la civetta/donna, questo lo scopo, nell’ultimo caso attirare l’attenzione maschile. Non considero ciò un difetto, la civetta/donna vuole essere solamente ammirata, questo tipo di donna non starà mai a sbavare verso i famosi della TV o del cinema o della carta patinata, perché nel suo territorio vuole essere protagonista lei stessa. La civetta era usata , nel passato, per attirare altri uccelli da cacciare; difatti coi suoi versi richiamava altri pennuti che poi venivano catturati in qualche modo. Inoltre le civette aprono e chiudono, anche alternativamente, gli occhi, per tenerli ben puliti e tersi. Sembrano così graziosamente ammiccare, proprio come fa la civetta donna/che sa bene come deve osservare intensamente gli occhi del maschio adocchiato, per poi distogliere lo sguardo e poi fissarlo nuovamente con malizia frammista ad innocenza, un gesto che viene naturale alle vezzose bambine, quindi la donna/civetta non è nient’altro che una bambina cresciuta. Le civette, durante gli amori emettono continui gridolini e suoni lamentosi, infatti anche le civette/donne lanciano gridolini di stupore per ciò che dice il maschio da conquistare. Le civette/donne sanno benissimo cosa dire al maschio, come lusingarlo. Le civette/donne non saranno mai delle femministe
domenica 23 ottobre 2016
Storie di animali 24
Secondo le brevi ricerche che ho fatto su internet, di cui
ho scritto nel post precedente, la civetta sarebbe simbolo di vita nella morte,
mentre il gufo sarebbe solo funereo. Con tutta la mia buona fede e ricerca sul
senso della vita non riesco ancora a credere pienamente in una rinascita quindi
per me la civetta è simbolo solo di morte. Mia madre raccontava che se si ode,
di notte cantare la civetta per tre volte, alla tua finestra, qualcuno della
tua famiglia morirà. Adesso io non so le motivazioni per questa diceria, sono
molte e ragionevoli, come ad esempio che un tempo la luce si teneva accesa solo
ai moribondi, e la civetta è attratta dalla luce e quindi andava a quella
finestra, oppure che la civetta senta l’odore “cadaverino” dal suo fiuto eccezionale,
giorni prima. Vi posso raccontare cosa è successo a me. La prima volta che la
civetta ha cantato tre volte alla mia finestra, non ci ho fatto caso, ho
rammentato quello che mi diceva mia madre solo alla morte del mio congiunto. La
seconda volta, mi sono svegliata al primo canto terrorizzata, ascoltando che
non ce ne fossero altri, furono tre canti e un mese dopo un altro mio caro
morì. Ora ho paura del canto della civetta di notte, anche se amo il piccolo
volatile dagli occhi grandi, che non ho mai visto dal vero e ci terrei tanto a
vederlo. Terminando, io non so se i miei neuroni si sono fissati con questo
canto della civetta associandolo alla morte o forse è il mio stesso intuito che
mi fa presagire uno stato di malattia fra i miei cari e che quindi la civetta
sia il mezzo che uso come premonizione, legandolo ai racconti che mi faceva mia
madre nell’infanzia o se davvero la civetta sia in grado di profetizzare la
morte.
Iscriviti a:
Post (Atom)