lunedì 29 giugno 2015

IL PROFESSORE quinta puntata


Tutto ciò accade perché abbiamo pregiudizi ed aspettative.
Ogni volta che non  prestiamo attenzione ecco che dentro di noi la struttura prende corpo.   
La struttura delle  nostre convinzioni mentali, delle  nostre credenze, il labirinto dei  nostri giudizi e pregiudizi, ed ecco che abbiamo risolto facilmente l’enigma con una nostra aspettativa.
Un’aspettativa è farsi un’immagine di come una cosa sarà.
Non è sbagliato ciò.
Il tragico è che le aspettative si assomigliano quasi tutte, e da aspettativa si passa a preaspettativa.
Questo gioco delle aspettative faceva assai comodo a Franco.
Dopo l’iniziale sgomento del primo sfregio, dopo l’insorgente paura di essere scoperto, se ne stava  tranquillo .
Con la stessa meticolosa attenzione messa nell’insegnamento, continuava con quello che considerava un lavoro per mettere in riga gli scalcinati automobilisti. 
Scalcinati perché erano mediocri e male in arnese.
Parcheggiavano senza neanche preoccuparsi del posto riservato ai disabili, sorpassavano contromano, non rispettavano il limite di velocità, passavano col rosso e pure inquinavano … in bicicletta dovevano andare.
Franco era convinto che un bel po’ di quelli li aveva messi in riga, quante auto aveva rigato?
Erano già due anni che esercitava il “mestiere”, forse un cinquemila auto.
“Ma guarda un po’, quella Mini Minor ha parcheggiato sulle  strisce pedonali ed anche contromano”.
Franco attraversò viale Farini,  su un lato vi era il Liceo Classico intitolato a Dante Alighieri, era l’istituto dove aveva insegnato lui.
Franco tirò fuori il coltellino e fece il suo lavoro.
Alzò gli occhi e la vide.


immagine di Teoderica

mercoledì 24 giugno 2015

IL PROFESSORE quarta puntata


Si alzava la mattina presto e, preso il coltellino, lo infilava in tasca e meticolosamente passava tutte le vie della città, sfregiando le auto, solo quelle posizionate male; intendiamoci, lui era un difensore delle regole, insegnava, in modo un po’ anomalo, che le norme si devono rispettare.
Le buone maniere a volte non servono.
Nella città si sparse il terrore, non vi era giorno che una decina di auto non fossero ritrovate, dai legittimi proprietari, con la carrozzeria rovinata .
Lettere infuocate arrivavano ai quotidiani locali e alla Polizia Municipale, qualcuno arrivò pure ad insultare il Sindaco, il quale era assai allarmato da questa forma di teppismo dilagante nella sua città.
Franco era al di sopra di ogni sospetto, persona considerata di straordinaria reputazione dai cittadini, dalle Forze dell‘Ordine, dal Consiglio Comunale; oltretutto era stato anche consigliere comunale, rispettabile, saggio e soprattutto mite.
I vigili erano impegnati nella ricerca del teppista, ma forse erano più d’uno.
Si pensava fossero dei ragazzotti di quartiere.
In Piazza del Popolo, a Ravenna, non si parlava d’altro.
I più pontificavano che senz’altro i giovinastri provenivano dalla via Tommaso Gulli.
Questa via Tommaso Gulli è talmente additata come Bronx di Ravenna, da mettere in secondo piano il suo arioso tracciato, gli edifici in pietra a vista, gli spazi ampi e verdi; è luogo di periferia da rivalutare, in quanto i quartieri sorti posticipatamente agli anni Ottanta e Novanta, sono  in stile assai peggiore.
Tommaso Gulli, il personaggio che da il nome alla via, era  nativo di Faenza, da guardiamarina ebbe la Medaglia d’ oro al valor militare alla memoria.

Le auto sfregiate aumentarono, si arrivò a venti al giorno.
Ma le indagini non davano risultati, i teppistelli conosciuti erano stati messi sotto torchio, ma nessuno sapeva nulla.
I cittadini ce l’avevano con le Forze dell’Ordine perché non mettevano sotto chiave tutti gli abitanti della zona di via Gulli.  
Ma perché nessuno vedeva aldilà del proprio naso?

immagine di Teoderica

venerdì 19 giugno 2015

IL PROFESSORE terza puntata


Tredici reati di sangue, otto morti, sei feriti, centosette pugnalate inferte, una sola firma: quella della setta degli accoltellatori di Ravenna. L' attività criminosa si svolse tra il 1865 e il 1871, culminò col processo, che ebbe vasta risonanza in tutto il Paese, istruito in città nel 1874 contro i 23 presunti accoltellatori, quasi tutti condannati.
Tutto comincia a Ravenna una sera del 1865, in via delle Melarance (oggi via Mentana), dove spesso si incontravano ubriachi che annegavano nel vino dell’Osteria della Grotta, le preoccupazioni per la crescente disoccupazione e le incertezze del futuro. Tra di loro vi erano molti ex garibaldini, qualcuno aveva anche partecipato all' impresa dei Mille, delusi per il nuovo assetto politico che andava assumendo l' Italia, unita ma monarchica. La monarchia era una pillola amara che loro non riuscivano ad ingoiare.
Dai tavolacci delle osterie andavano predicando che il Risorgimento era stato tradito e passarono dalle parole ai fatti, decisero di dare una lezione a quei "boia" che si arricchivano affamando la povera gente. Colpirne uno per educarne cento, si dicevano, ed amavano definirsi dei "bon burdell" (buoni ragazzi).
La prima vittima fu il direttore della Banca Nazionale di Ravenna. Poi dopo una serie di ferimenti con la saracca (coltello da tasca romagnolo a lama dritta micidiale, ai tempi lo portavano molti in tasca, anzi pare che il sedicenne Mussolini fosse stato espulso dal collegio dei Salesiani perché tirò fuori, minacciosamente, la saracca dalla tasca), ci scappò il primo morto, uccidendo il procuratore del re.
Gli ambienti repubblicani vennero setacciati e gli arresti furono all' ordine del giorno.
A mettere fine alla banda fu un delatore, un pentito diremmo oggi.
C'è da dire però, che l'attività della banda, quella dei delusi garibaldini, è quasi certamente da riferirsi ai primi anni, quella dei ferimenti, mentre nella fase più cruenta, ci sarebbero stati degli infiltrati, dei sobillatori, che approfittarono della setta per colpire i primi socialisti. Riuscendo così a decapitare la nascente sezione internazionalista ravennate che, alla fine del 1871, aveva abbracciato l'internazionalismo anarchico di Bakunin.
Vero o non vero, quando dalle parole si passa ai fatti, ancora peggio al coltello, si è sempre dalla parte del torto.
Franco decise di passare dalla parte del torto, col suo coltellino rigava tutte le auto che trovava parcheggiate in malo modo.


immagine di Teoderica

domenica 14 giugno 2015

IL PROFESSORE seconda puntata


L’astio, invece di diminuire, cresceva ogni giorno.
Nulla gli dava più sollievo, né la lettura dei suoi amati libri, né i pranzi nella vicina trattoria e neanche ascoltare i brani di Mozart; neppure Lui riusciva a calmarlo.
Franco aveva dedicato tutta la sua vita ai ragazzi del Liceo, non si era mai sposato, aveva avuto occasione di accasarsi, ma aveva preferito la libertà.
Mai si era sentito solo nel suo bell’appartamento pieno di cose a lui care, ma ora la solitudine, il non avere nessuno con cui sfogarsi, lo facevano sentire abbandonato come un sacchetto di immondizia pronto da gettare nel cassonetto. 
Aveva provato a confidarsi con i pochi amici che aveva, ma loro si erano messi a ridere:
“Franco, tu sei avulso dal mondo, stai male perché ti hanno mandato a quel paese, ma può capitare ad ognuno, e in tutti i santi giorni, il mondo è cambiato. Tu devi ben essere pieno di te stesso per non mandarla giù”.
Questa risposta degli amici lo ferì molto.
Decise di vendicarsi.
Iniziò a girare con un coltellino in tasca, di quelli a serramanico, comprato in edicola.
Lo aveva visto all’edicola vicino a casa sua, mentre stava scegliendo un giallo da portarsi al mare.
Questo coltellino faceva parte di una raccolta di fascicoli, un’enciclopedia addirittura, di tutti i coltelli esistenti.
Franco da buon ravennate aveva una specie di fascinazione per il coltello, soprattutto per la saracca.

immagine di Teoderica

martedì 9 giugno 2015

IL PROFESSORE prima puntata


"Il battito d'ali di una farfalla in Brasile può provocare un uragano in Texas".
Questa frase di E. Lorenz significa che piccole variazioni, nelle condizioni iniziali, possono evolvere in modi completamente diversi.  
E' il caos deterministico.  
E’ così che noi stiamo attenti nelle grandi scelte, infischiandocene delle piccole, ma saranno proprio quest’ultime, forse, a determinare il caos/caso.
Non sapeva come era iniziata la sua carriera di criminale, non ricordava, tutto era avvolto nella nebbia, ma aveva ben fisso nella mente ciò che aveva scatenato il misfatto, un piccolo evento, e il maledetto effetto farfalla si era messo in moto.
Abitava in una via del centro storico di Ravenna, una via stretta e a traffico limitato, nonostante ciò, c’era sempre chi piazzava l’auto davanti al portone di casa sua, Franco, questo era il suo nome, doveva contorcesi come una biscia per uscire di casa.
Una mattina, uscì proprio nel momento in cui un automobilista stava piazzando l’auto davanti all’ingresso, quasi sulla soglia, notò che l’auto non aveva il tagliandino  riservato ai residenti, pertanto l’uomo era fuori regola.  
Con modi gentili gli fece notare che lui di lì non poteva neanche transitare, figuriamoci parcheggiare .
Il tipo, non solo non si scusò, ma lo mandò a quel paese in malo modo … che si facesse fottere  disse a Franco.
Franco, in zona era chiamato il Professore, stimato e rispettato.
Durante i lunghi anni di insegnamento al Liceo Classico, ne era stato pure il direttore, aveva sempre rispettato le regole, eppure quel troglodita di automobilista gli aveva tolto, in un attimo, tutta la sua autostima.
Quel fatto, se volete insulso, causò una rivoluzione nell’animo di Franco.
Si sentì frustrato, oltraggiato, non era stato in grado di difendersi dal turpiloquio, le parole, come  stilettate, si erano abbattute sulla sua pelle.


immagine di Teoderica